martedì 11 settembre 2012

Una insolita caccia fotografica "con diapositive 24x36"


Anni fa, ai tempi della fotografia tradizionale, mi ero recato con mia moglie nel Parco Nazionale del Gran Paradiso per eseguire dei servizi fotografici.

Un pomeriggio partimmo da Eaux Rousses in Valsavarenche, con meta il vallone di Levionaz. Scopo dell’escursione era cercare di fotografare gli stambecchi a distanza ravvicinata, quando scendevano dai pendii in quota nel tardo pomeriggio.
 
Salendo per il comodo sentiero, complici il peso dell’attrezzatura e la giornata tersa, ci fermammo spesso per fotografare le innumerevoli sfumature del paesaggio della Valsavarenche e senza che  me ne rendessi conto, i 10 rulli da 36 pose che improvvidamente mi ero portato, diminuivano molto velocemente.

Giungemmo ai casolari di Levionaz dove iniziava il vallone, secondo le “dritte” dei guardaparco avremmo trovato gli stambecchi, obiettivo della nostra “caccia”.

"Il vallone di Levionaz"

Dopo 3 ore dalla partenza, (comprese le soste per fotografare), raggiungemmo il punto dove si aggiravano gli stambecchi che, con nostra grande sorpresa, si lasciavano avvicinare senza timore.

"In avvicinamento agli stambecchi"


Con calma preparai l’attrezzatura e con orrore scoprii che avevo usato quasi tutti i rulli di diapositive.
Me ne restavano due da 36 pose, li ricordo perfettamente due Kodak Ektachrome E200 Professional 5036. Che fare?

Cominciammo a muoverci con molta circospezione per avvicinare gli animali più belli, la fortuna era dalla nostra parte, infatti a parte noi due, non vi erano altri “esseri umani” ed eravamo in un vallone da sogno con circa 20-30 stambecchi  che ci circondavano e pascolavano tranquilli come fossero mucche.

In silenzio assoluto e con movimenti estremamente cauti riuscimmo ad avvicinarci al branco, per certe foto anche il 50mm era diventato una focale troppo lunga.

Avevo solo 72 diapositive a disposizione, selezionai con molta cura i miei soggetti, aspettando decine di minuti perchè si mettessero nella posa giusta, poi clik senza usare il winder per non spaventarli.
E avanti così per un tempo indefinito, centellinando ogni scatto fotografico.

 Che bello riposare
 Io mi gratto la schiena
 Molto meglio mangiare
Giochiamo a nascondino?

D’un tratto mia moglie notò un giovane stambecco e me lo indicò.
Era agilissimo elegante e veloce, spiccava su tutti gli altri per le sue movenze, “danzava” sui sassi e  attraversava il vallone da un punto all’altro “volando sulle rocce”

Eccola la mia “preda”, ma come riuscire ad avvicinarlo per fotografarlo? Mi ero talmente concentrato a osservare i movimenti dell’animale che non mi ero reso conto che la luce stava calando e avevo ancora 4 diapositive a disposizione, le ultime.

Decisione immediata lasciai borsa, zaino e moglie sopra un sasso e partii velocissimo ma cauto, al suo inseguimento con un avvicinamento tattico sottovento. Allora di fiato ne avevo da vendere!

Portai con me solo la Canon A1 con il 300mm. e il monopiede. Cercai di avvicinare l’animale il più possibile e con appostamenti strategici fra i massi gli arrivai a 20-25metri.

Il giovane stambecco bellissimo nella scarsa luce del tardo pomeriggio era fermo fra le roccie che si grattava.


Mi concesse il tempo di appostarmi e di mettere a fuoco (l’autofocus non esisteva), poi si mosse lentamente al rumore dello scatto fotografico e si girò verso di me.

"Mi guardava senza timore"

Le ultime 2 diapositive le scattai con calma in assoluta tranquillità, ebbi ancora molta fortuna una risultò quella che volevo, quella che avevo in “testa”.

"La foto che volevo"

Spostamento "tattico"

Appoggiai la macchina fotografica a terra e continuai a osservare l’animale che si era spostato di pochi metri.

A quel punto lo stambecco immobile iniziò a fissarmi con una incredibile intensità  sembrava avesse capito che non avevo più “munizioni”.
Stemmo entrambi li ad osservarci per dei lunghi indimenticabili minuti, sentivo la forza del suo respiro ed ero rapito dal suo sguardo, mi stava fiutando e studiando!

Mi ricordo che un pensiero mi attraversò la mente, straordinaria la caccia fotografica “cacciatore e preda” si stavano osservando entrambi “vivi” e con l’adrenalina che scorreva nelle vene per l’emozione.

D’un tratto lo splendido animale chinò il capo come per un cenno di saluto,  poi con una dimostrazione di potenza fisica inimmaginabile per un uomo, “divorò” in pochi minuti 300 metri di dislivello, e sparì in un valloncello laterale.
Era vivo e ancora libero di scorrazzare per le sue montagne, che emozione e che soddisfazione averlo fotografato.

Ho ripensato, eseguendo le scansioni delle diapositive, a quegli attimi di intensa emozione che mi porto ancora dentro e che spero siano percepibili nelle fotografie pubblicate.

Lo scopo del mio lavoro e delle mie fotografie  è cercare di  “suscitare emozioni”, in me che ho il privilegio di farle e in chi ha la pazienza di guardarle.

Carlo Bazan


Note per gli appassionati di fotografia:

All’epoca il mio corredo fotografico “leggero” per questo tipo di “escursioni” era composto da Canon F1+winder, Canon A1+winder, ottiche: FD24mm f.1.4L  -  FD50mm f.1.2L  - FD100mm f.4.0 Macro - FD300mm f.4.0L + accessori e pellicole.

Una curiosità, nonostante ora utilizzi le digitali Nikon D800 e Nikon D700 con corredo ottico adeguato, fotografo spesso e volentieri con il vecchio corredo Canon, soprattutto per utilizzare l’FD 300mm f.4.0L, a mio modesto parere uno dei più bei obiettivi da 300mm. mai costruiti.

Le scansioni delle diapositive presenti nell’articolo sono state eseguite con Nikon Super Coolscan 5000 ED.

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E’ consentito utilizzare il testo e le fotografie citando l'Autore, per tesi di laurea o motivi di studio, previa richiesta di autorizzazione (che sarà concessa) a questo indirizzo carlo@multimediabazan.it


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